La storia di Monte Sante Marie è vecchia di almeno 1300 anni. Una storia ininterrotta, che ha fatto del borgo il documento vivente di come un insediamento e le sue strutture abbiano potuto essere continuamente adattate e piegate alle nuove esigenze di vita imposte, nel corso di 13 secoli, dall’evolversi degli eventi. Mille volte lontano dall’essere quel “fossile” storico cristallizzato in tanti altri pur bellissimi castelli, Monte Sante Marie racchiude in sé aneddoti, personaggi, eventi che portano molto più lontano di quanto la sua consistenza odierna di borgo sperduto nella campagna potrebbe far pensare…


Non esistono prove e documenti che attestino, a Monte Sante Marie, preesistenti presenze etrusche, sebbene molti elementi possano fungere da indizio. La storia “ufficiale” del borgo comincia nel VII secolo, quando sotto il dominio longobardo si decide di procedere alla bonifica delle colline argillose ad Est di Siena, andate abbandonate con la decadenza dell’Impero Romano e comprese tra due delle principali direttrici viarie che all’epoca si dipartivano proprio da Siena puntando verso Oriente: la via Scialenga (coincidente all’incirca con il tracciato dell’odierno raccordo Siena-Bettolle) in direzione di Arezzo e la via Lauretana in direzione di Asciano e della Val di Chiana.


Primo passo della bonifica fu la costruzione di una strada (l’attuale Torre a Castello-Asciano, sebbene su un tracciato parzialmente diverso) che univa la Scialenga alla Lauretana. Il secondo fu la “benedizione” della nuova strada con la costruzione, esattamente a metà del cammino, di una chiesa: quella – ancora esistente nella sua stupenda forma romanica - dedicata a San Vito “in versuris”. Dove “versuris” sta appunto ad indicare le terre che “stanno per essere rovesciate”, ovvero bonificate, messe a coltura. L’antichità della chiesa è attestata da documenti inoppugnabili: dalle carte del secolare contrasto che, per tutto il medioevo, oppose le curie di Siena ed Arezzo per il dominio su una serie di pievi di confine, emerge una pergamena del 714 in cui la chiesa di San Vito è definita “antichissima”, nonché custode dell’unico fonte battesimale esistente nel comprensorio oltre a quello della chiesa di Vescona.


Ma il sito su cui fu costruita San Vito, probabilmente un luogo sacro o un tempio preesistente, aveva un difetto: non si prestava ad ospitare un presidio militare perché non dominava sulle due vallate dei fiumi Ombrone e Camerone, all’epoca principali vie di transito per eserciti e armati. Perfetto, allo scopo, era invece il vicino colle su cui successivamente sorse Monte Sante Marie e ove fu costruita una torre delle cui fondamenta restano tracce nei sotterranei.


Coll’avvento dei Franchi, nel IX secolo tutta l’area fu infeudata alla famiglia salica dei Cacciaconti, un cui ramo si insediò a Monte Sante Marie facendone la propria residenza principale. Risale a quest’apoca la costruzione del primo castello fortificato e del circostante borgo feudale, inserito nel circuito di rocche di cui la consorteria si era dotata per consolidare un dominio che si estendeva dalla Berardenga a Radicofani.


Ma le cose cominciano a cambiare verso la metà del 1100, quando sulle Crete si affaccia la nascente potenza del Comune di Siena. Lo scontro con le famiglie feudali è inevitabile e si concreta in un secolo di feroci battaglie, assedi e riconquiste, trattati di pace e tradimenti di cui tutte le piazzaforti dei Cacciaconti, Monte Sante Marie incluso, fanno le spese. L’Archivio di Stato di Siena conserva infatti numerose pergamene che riportano gli armistizi e le promesse di inurbamento estorte ai Cacciaconti e firmate proprio a Monte Sante Marie, presidio strategico determinante per il controllo di un’area giustamente considerata come “il granaio” della Repubblica, vista la sua grande vocazione cerealicola. Durante le guerre, le distruzioni sono numerose. Nel 1176 il castello viene interamente distrutto e definitivamente avocato allo Stato senese. Sorte simile toccherà nel 1186 al vicino castello di Montebello (nel sito dell’attuale Palazzo Primo), che forse per la sua minore rilevanza strategica non verrà più ricostruito.
Per il borgo, che già sotto i Cacciaconti ha acquisito una certa rilevanza economica e demografica, inizia così un’esistenza da “castello di confine” della Repubblica, pronto a fronteggiare gli appetiti delle potenze vicine e segnatamente del dominio fiorentino, che presto si infiltrò in Val di Chiana. Gli assedi si moltiplicano. E le tracce di questa funzione difensiva e militare restano in abbondanza negli attuali sottosuoli, intersecati da tunnel, passaggi segreti, vestigia di mura e fortificazioni. Le cantine della fattoria ospitano ancora l’intera porta di accesso dell’antico castello e sorprendenti esempi di architettura militare medievale.


Una dimostrazione tangibile di quanto stiamo dicendo si ha nel “Cartulario della Berardenga”, ovvero il “catasto” trecentesco senese: uno dei pochissimi frammenti superstiti di questo documento riguarda per l’appunto l’insediamento di Monte Sante Marie. Ed ecco che, dalle nebbie della storia, emergono i nomi, la professione, la composizione della famiglia, le proprietà, le rendite e le colture agricole delle 400 persone che all’epoca abitavano il borgo!
A circa un secolo e mezzo dopo risale lo Statuto del comune di Monte Sante Marie, custodito nell’archivio storico di Asciano e ricco di informazioni interessantissime sulla vita del paese, attraverso l’attentissima regolamentazione della vita pubblica.
Con la caduta dello Stato Senese sotto i Medici (1555) , per il nostro borgo si apre una lunga parentesi di pacifica vita rurale. Monte Sante Marie resta, dopo Asciano, il più popoloso insediamento del territorio e non mancano gli attriti e le rivalità di campanile con il capoluogo. Memorabile un documento inviato dal podestà ascianese al collega montigiano per lamentarsi del fatto che proprio al Monte trovano spesso rifugio i “latrones” in fuga dopo qualche colpo!
Per oltre due secoli la vita scorre comunque operosa e tranquilla. Le antiche strutture castellane, ormai inutili, restano a proteggere il comunello, abitato da signori e contadini, fittavoli e piccoli proprietari.


Tutto cambia quando, nel 1777, la riforma granducale sopprime la municipalità del Monte e la accorpa al comune di Asciano. Perduta la sua rilevanza, Monte Sante Marie viene progressivamente unificato sotto un’unica proprietà dagli Ugurgieri Malavolti, antica famiglia senese da secoli presente in loco, che inizia la trasformazione del complesso da borgo rurale in grande fattoria mezzadrile. Risalgono a quest’epoca i lavori che, nell’arco di un secolo, tramuteranno l’antico insediamento fortificato in un insieme di abitazioni, opifici, magazzini, granai. Demolite gran parte delle mura, interrati gli antichi passaggi, la pianta di Monte Sante Marie subisce una radicale modifica. Molti edifici vengono drasticamente abbassati e il piano naturale viene rialzato di un piano. Scompaiono larghi tratti di mura e la Porta Senese, mentre quella ascianese viene inglobata nel palazzo che diviene la villa padronale. Il borgo perde parte del suo tipico aspetto a conchiglia, con la via maestra che sale fino alla sommità del colle. Il risultato è quello odierno: una grande comunità affacciata sulla piazza, ricca di aie e spazi collaterali, la villa con giardino e il parco di cipressi.


Ciò che non cambia è la vitalità del borgo: tra l’800 e il 900 nascono la scuola elementare, numerose botteghe, il circolo dopolavoro, i laboratori degli artigiani, nuove abitazioni. La fattoria, nel frattempo passata ai Tesi, è un sistema chiuso e perfettamente autosufficiente che, tra abitanti del centro storico e famiglie poderali, tocca tra le due guerre i 600 abitanti. Perfino il treno della linea Asciano-Chiusi si ferma nella minuscola e tutt’ora esistente stazioncina di Monte Sante Marie, nel fondovalle del Camerone.
Nel secondo dopoguerra, l’esodo delle campagne colpisce duramente e il paese, progressivamente privato dei servizi, si spopola di anno in anno. La fattoria viene trasformata in azienda a salariati e si mantiene in vita, ma il “tessuto” umano va inesorabilmente perduto. Famiglie intere abbandonano il borgo. Restano solo gli anziani. Negli anni’60 chiudono le botteghe. Nei primi ’70 la scuola e poi perfino il servizio di scuolabus. La mancanza di acquedotto pubblico e la soppressione della pubblica illuminazione danno il colpo di grazia. Le vecchie case, prive di manutenzione, deperiscono rapidamente senza alcuna prospettiva di riutilizzo economico. L’ultimo abitante muore nel 1976, mentre i proprietari sono falcidiati dai lutti. Per Monte Sante Marie inizia un decennio di totale abbandono con devastazioni, furti, saccheggi di ogni tipo. Dieci anni dopo, l’inizio della rinascita. E la storia, per fortuna, continua…